Poeta e filosofo greco. La
collocazione cronologica della sua vita non è ancora precisa, anche se
gli studiosi concordano genericamente sulla sua fioritura alla metà del
VI sec. a.C. Dai frammenti delle sue opere (ordinati nell'edizione critica
Diels-Kranz) sappiamo che visse almeno fino a 92 anni e che per quasi 70
condusse una vita errabonda, a causa dell'esilio dalla sua città natale,
conquistata dai Lidi intorno al 545 a.C. Sia Platone sia Aristotele lo
indicarono come l'iniziatore dell'indirizzo filosofico che fu proprio della
scuola eleatica (V. ELEA), ma la tradizione
successiva distorse questa notizia facendone il fondatore della scuola stessa,
fatto assai improbabile (Aristotele parla di un soggiorno di
S. a Elea,
ma ciò non basta a sostenere quanto sopra). Benché neppure la
qualifica di rapsodo e aedo sia attribuibile a
S. con certezza, egli fu
senza dubbio poeta: utilizzando come lingua il dialetto ionico dell'epica, fu
autore dei
Silloi, composizioni a carattere satirico in esametri
dattilici intercalati da qualche giambo, di elegie e di un'opera filosofica in
esametri (
Perí phýseos: Sulla natura), di cui molti hanno
messo in discussione l'esistenza, dal momento che i frammenti a essa riferibili
lo sarebbero con altrettanta ragione anche alle altre composizioni. In base ai
frammenti noti e alla testimonianza dei filosofi più tardi, tra cui
spiccano Platone e Aristotele, sappiamo che
S. svolse un ruolo centrale
nella formazione del pensiero presocratico. Egli infatti fu il primo a spostare
la domanda cosmologica già formulata dalla scuola ionica
(V. IONICO) dal piano naturalistico a quello
ontologico, distinguendo tra quanto è
apparente e quanto realmente
è: l'essere nella sua necessità, unità e
immutabilità. Partendo dalla critica contro ogni forma di antropomorfismo
religioso,
S. polemizzò duramente contro Esiodo e Omero che tanto
avevano contribuito a diffondere e radicare questa credenza distorta e in
più avevano attribuito agli dei atti e caratteri di cui gli stessi uomini
si vergognerebbero: menzogna, adulterio, furto, inganno. Secondo
S. gli
uomini errano a immaginare gli dei a propria somiglianza, chi biondo, chi nero,
ecc.; in realtà la divinità è una sola e non assomiglia
all'uomo né nel corpo né nel pensiero. Per
S. la
divinità è un dio-tutto che si identifica con l'universo e
possiede l'attributo dell'eternità: non nasce e non muore ed è
sempre uguale a se stessa. Tali proposizioni coincidono in pratica con
l'affermazione sul piano teologico dell'unità e immutabilità
dell'universo e permettono di definire la visione di
S. non tanto come
monoteismo quanto come un panteismo razionalista, per il quale la sostanza
divina è fonte della vita e del movimento. Prendendo coscienza dei
rapporti complessi e contraddittori tra verità, apparenza e conoscenza,
S. stabilì col suo pensiero una sorta di ciclo concluso: dal
dio-tutto, che coincide con il cosmo, derivano i due principi costituivi del
mondo, acqua e terra, da cui nascono e in cui si dissolvono tutte le apparenze
della molteplicità (gli esseri particolari). Tale unità cosmica,
tuttavia, non è di facile comprensione: per questo solo dopo un lungo
impegno gli uomini possono attingere un così profondo livello di
conoscenza. Infatti non tutto è stato svelato fin dal principio, ma gli
uomini devono progredire attraverso una continua ricerca, cioè attraverso
la
philosophia (amore per il sapere):
S. introdusse così
non solo il concetto di una progressione della civiltà ma anche quello
del carattere unicamente umano di questa evoluzione (che invece Esiodo
attribuiva alla generosità degli dei) e della sua continua
perfettibilità. Per questa ragione
S. rivendicò anche la
superiorità della
sophia (il sapere e la virtù morale in
genere) sull
'areté (la virtù fisica), rovesciando l'etica
aristocratica allora vigente, che vedeva nel primato agonistico il sommo grado
di realizzazione e dignità dell'uomo (Colofone, Asia Minore 570 a.C.
circa - ? 478 a.C. circa).